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Cicerone
Della divinazione, II, 150
 
originale
 
150 Perfugium videtur omnium laborum et sollicitudinum esse somnus. At ex eo ipso plurumae curae metusque nascuntur; qui quidem ipsi per se minus valerent et magis contemnerentur, nisi somniorum patrocinium philosophi suscepissent, nec ii quidem contemptissimi, sed in primis acuti et consequentia et repugnantia videntes, qui prope iam absoluti et perfecti putantur. Quorum licentiae nisi Carneades restitisset, haud scio an soli iam philosophi iudicarentur. Cum quibus omnis fere nobis disceptatio contentioque est, non quod eos maxume contemnamus, sed quod videntur acutissime sententias suas prudentissimeque defendere. Cum autem proprium sit Academiae iudicium suum nullum interponere, ea probare quae simillima veri videantur, conferre causas et quid in quamque sententiam dici possit expromere, nulla adhibita sua auctoritate iudicium audientium relinquere integrum ac liberum, tenebimus hanc consuetudinem a Socrate traditam eaque inter nos, si tibi, Quinte frater, placebit, quam saepissime utemur." "Mihi vero", inquit ille, "nihil potest esse iucundius." Quae cum essent dicta, surreximus.
 
traduzione
 
150 Pu? sembrare che lo scampo da tutti i travagli e le ansie sia il sonno. Ma anche da esso sorgono in gran copia affanni e timori, i quali, di per se stessi, avrebbero minor forza e si potrebbero pi? facilmente trascurare, se i filosofi non avessero assunto il c?mpito di avvocati difensori dei sogni. E non parlo di quei filosofi disprezzati da tutti, ma di quelli particolarmente acuti e capaci di vedere le coerenze e le contraddizioni, di quelli che sono ormai ritenuti perfetti e superiori a tutti. Se alla loro arroganza non avesse fatto fronte Carneade, forse sarebbero ormai considerati gli unici filosofi degni di questo nome. Contro di essi ? rivolta quasi tutta questa mia veemente discussione, non perch? io li disprezzi pi? degli altri, ma perch? pu? sembrare che essi difendano le loro idee con pi? acume e dottrina di tutti. Siccome, d'altra parte, ? un principio basilare dell'Accademia non imporre mai alcun proprio giudizio, dare il proprio assenso a quelle tesi che pi? appaiono vicine alla verit?, mettere a confronto le ragioni di ciascuno ed esporre ci? che si pu? dire contro ciascuna opinione, lasciare agli uditori il loro giudizio libero e illeso senza far pesare in alcun modo su di essi la propria autorit?, manterremo questa consuetudine ereditata da Socrate e la metteremo in pratica tra di noi - se a te, fratello mio Quinto, piacer? - il pi? spesso possibile." ?Per me,? rispose Quinto, ?nulla pu? essere pi? piacevole.? E, detto ci?, ci alzammo.
 

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